
A una prima occhiata, decisamente verde, verrebbe da rivolgersi a lei – sterminata e silenziosa – all’imperfetto. La valle di Seren da lì, attaccata alle “cotole” del Montegrappa, non si è mai mossa. Da lì però si sono mossi in tanti, molti. Quasi tutti. Si sono mossi e se ne sono andati gli abitanti. La gente di Seren, che dalla seconda metà dll’800 in poi, tra tre guerre (mondiale, mondiale e fredda) e nuovi cicli, hanno lasciato i tanti paesi arroccati tra abeti e faggi e non sono più tornati. Erano in duemila, sono in quaranta.
Rivolgersi e raccontare la valle al passato però sarebbe un errore, nonché un’indelicatezza nei confronti di quei 40, di chi è tornato e di chi da lì non si è mai mosso. Chi, deciso, sicuro e ben piantato come un fojarol – le abitazioni di pietra con il tetto ricoperto di fasci di faggio, tipiche della zona – in valle è nato e in valle è rimasto. È rimasto Elio, ambasciatore del “andar a scale” nonché unico abitante di Col de la Fontana e sono tornati i coniugi Turrin, 170 anni in due con gli occhi di ha chi ha un futuro eterno. E nel frattempo, aspettandolo, distilla. O Andrea, che dei Turrin è figlio, che con Rosemary ha deciso di fare della valle la culla del biodinamico applicato a viti e erbe officinali.
Insomma la valle c’è, ancora o di nuovo. E sul suo futuro ha deciso di investire Oscar, tedesco innamorato di quel fitto silenzio, che insieme ad altri, coinvolgendo enti e istituzioni, ha dato vita alla Fondazione Val di Seren, in cui ha preso la casa che fu dei Bof, come il colle. Nella valle credono anche Leonardo e Beatrice, che negli anni ’80 hanno deciso di creare lì il proprio domani; tornando, lavorando, ricostruendo e iniziando l’avventura de L’albero degli alberi, che è agriturismo e orto didattico, luogo dalla corteccia dura, resistente e vero.
Lì, tra i 120 chilometri di strade che aggrovigliano i paesi e imbrogliano i turisti, la gente lavora, spera, immagina. E si interroga, cercando di capire da che parte andrà il tempo. Se dalla loro o – di nuovo – lontano da lì. Questa è la val di Seren, che ha saputo mantenere viva la fiammella dell’esistenza coprendola con la mano degli antichi saperi, dell’artigianato, di un entusiasmo di poche parole, intimo, ma puro. Basterà ad accendere una comunità?